Di Roberta Baiano.

I social media sono entrati a fare parte, a pieno titolo, della nostra vita ormai da qualche decennio, e come non potevano occupare un ruolo centrale anche in politica?

Dapprima usati come strumento di promozione per condurre le proprie campagne elettorali, poi trasformatisi in un vero e proprio palcoscenico, ormai spessissimo si prestano non solo a rappresentare terreno di scontro, ma anche momento di bilancio.

I nostri rappresentanti, infatti, si taggano, si repostano, si rispondono, si querelano e – nuova policy – propongono anche interrogazioni parlamentari aventi a oggetto i post principalmente dell’altro schieramento politico essendo ciechi ai propri. Come nel caso Nonnis Marzano.

Insomma, i pensieri espressi mediante i social media entrano a gamba tesa nelle dinamiche politiche anche più delicate, ossia, quelle connesse alla composizione delle giunte e/o degli organi di governo a ogni livello.

IlFattoquotidiano.it

L’ultimo caso, poco fa citato, risale a qualche giorno addietro e coinvolge una tra le città più importanti del Mezzogiorno d’Italia: Bari.

Il neoeletto Sindaco, Vito Leccese, tra fibrillazioni e fisiologiche discussioni compone la sua nuova squadra con l’obiettivo di amministrare il capoluogo pugliese. Ora, volendoci fermare a questo, tutto sembra lineare, ma è non del tutto fedele agli eventi accaduti.

Infatti, a poche ore dall’annuncio della nuova Giunta, Carlotta Nonnis Marzano – votata da ben 34 persone e scelta come Assessora al clima, alla transizione ecologica e all’ambiente in quota AVS – rimette la delega nelle mani di Leccese.

Perché? A causa di alcuni suoi post contestabili sia dal punto di vista formale, che contenutistico. Nel suo mirino: tutti. Ma proprio tutti. Da Trump ai leader presenti al G7, dai fascisti a Papa Francesco.

Proprio l’ultimo ha scatenato il caso e innescato tutta una serie di reazioni, anche se quasi esclusivamente nello schieramento opposto.

Non sottolineeremo che la questione non è paragonabile al reato di vilipendio al Presidente della Repubblica, essendo questo – fortunatamente – unico e solo; tuttavia, la questione merita di essere un momento approfondita sotto il profilo della responsabilità politica che deriva da ciò che si posta.

Sì, la lista avrebbe dovuto scegliere più accortamente i propri candidati. Sì, il Sindaco avrebbe dovuto nominare più accortamente i propri assessori. E sì, diciamolo a gran voce: se vuoi occuparti della Cosa Pubblica, bisogna che impari a canalizzare le tue idee diversamente.

Fare il leone da tastiera, dirigere direttamente la propria rabbia su soggetti popolari ha già stancato e non funziona più. Il Movimento 5 Stelle lo ha capito benissimo e, infatti, Conte si è abbondantemente sostituito a Grillo. Salvini, invece, è troppo impegnato altrove, perso tra modellini di ponti e piste con trenini a cui mancano le pile.

A tutti i candidati e a tutti i rappresentanti delle Istituzioni fa comodo essere presente sui social e dimostrare di stare sul pezzo – e ammettiamolo, un po’ gli piace pure. Ma i media e ancora di più i social media, lasciano una traccia. Bella grossa e anche dura da cancellare.

Se comunichi male, in special modo idee “particolari”, e non sei stranamente fortunato come Pillon o Vannacci, non solo non ti basta avviare una guerra di querele, ma ne paghi anche lo scotto. Bari ci insegna proprio questo.

Chi ricopre o intende ricoprire incarichi di responsabilità politica deve, prima di ogni altra cosa, essere cosciente di come ci si esprime e di come si interagisce con il pubblico, perché ne va della credibilità non solo personale, ma anche dello stesso ruolo ricoperto.

I pensieri espressi in rete, anche se estemporanei e condivisi tempo prima, possono ripresentarsi e trasformarsi in vere e proprie zavorre capaci di trascinare l’autore in fondo al mare, assieme alle sue aspirazioni politiche e a tutti quei ruoli che intende ricoprire. Inutile poi anche il tentativo di appellarsi al diritto all’oblio.

È bene cominciare a farsene una ragione e provare a correggere il tiro: basta con i confusionari flussi di coscienza lasciati in rete, le parole hanno sempre avuto un peso e continuano ad averlo, e se questo è ancora capace di affossare una carriera politica, allora è giusto così.