Dato per scontato (e lo abbiamo già detto qui) che Matteo Salvini, in Italia, è il più seguito sui social ed è colui che applica i marketing puro alla politica, dicendo sempre (online). Ma – bisogna dirlo – è anche molto semplice sbagliare una strategia. E quanto avvenuto in Emilia Romagna ne è – forse – la dimostrazione. Una campagna elettorale, infatti, ha indubbiamente bisogno di un’attenzione particolare alla gestione dei social media, importante finestra politica al giorno d’oggi, ma, allo stesso tempo, richiede che l’immagine del candidato e del programma sostenuto si confrontino con la realtà presente sul territorio.
Sono certo che un esempio lampante della discrasia social/dati reali è dato dalle elezioni regionali in Emilia-Romagna dove il vantaggio vantato da Matteo Salvini e dalla Lega non si è poi tradotto in una vittoria alle urne.
Perché, dunque, Salvini ha perso?
Un interrogativo dinanzi al quale dare una risposta unica è difficile ma possiamo partire dall’analizzare un primo aspetto: perché, ancora oggi, parliamo di una sconfitta del leader leghista e non di quella che effettivamente era la candidata in corsa per la presidenza, Lucia Borgonzoni?
Ecco, siamo dinanzi ad un caso esemplare di personalizzazione del voto, bisognava dire SI o NO a Salvini e non, come generalmente avviene, ascoltare la proposta messa in campo dalla Borgonzoni che, emiliana di nascita, si candidava alla guida della sua Regione.
Lo stesso errore è stato commesso nel 2016 da un altro Matteo, Renzi, che per il voto al referendum costituzionale, concentrò la scelta in campo poco sul tema effettivo e di riforma, e tanto sulla figura politico istituzionale ricoperta dallo stesso, suscitando una contrapposizione tra chi voleva vederlo ancora al Governo e chi no. Quindi, non un voto nel merito, ma alla persona.
Perché esasperare i toni e creare fenomeni “solo” mediatici è sbagliato.
Gli eventi che hanno reso particolare la campagna elettorale in Emilia sono certamente riconducibili alla creazione di diversi casi mediatici da parte del leader della Lega che, così facendo, ha pensato di attirare l’attenzione e fortificare la sua immagine.
Facciamo due esempi concreti:
- Parliamo, per primo, dell’episodio della citofonata al ragazzo, poi bersagliato dai media, con la famosa domanda “Scusi ma lei spaccia?”. Ecco, con la creazione del video che ha immortalato la scena, il boom di condivisioni e la presenza di Salvini sulle prime pagine di tutti i giornali non ha dato, come diretta conseguenza, quella della vittoria alle urne;
- Secondo esempio è quanto accaduto con la vicenda “Bibbiano”, città nella provincia di Reggio Emilia, in cui gli scandali giudiziari degli ultimi anni avrebbero potuto rafforzare lo schieramento di centro destra ma così non è stato. Nel suddetto comune, infatti, Stefano Bonaccini ha vinto con il 56.70% delle preferenze!
Semplicemente, l’esasperazione dei toni e i gesti fuori dal comune non sempre si rivelano come una mossa vincente per il candidato o leader di un partito perché non fanno altro che sollevare un polverone che distoglie l’attenzione dell’elettore, risultando così controproducente. Soprattutto sui territori dove l’elettorato ha un contatto diretto con il candidato.
Lo schieramento del centro-sinistra ha vinto. Perché?
Perché la vittoria sui social e le strategie di marketing non funzionano se non curate nel minimo dettaglio anche nell’immagine che il candidato/leader tiene all’esterno, specialmente dinanzi ad un elettorato che, col proprio voto, andrà a valutare l’operato di un presidente uscente rispetto ad una nuova proposta, per giunta tenuta in ombra e fuori dai riflettori come la Borgonzoni.
Una perfetta comunicazione social, soprattutto in campagna elettorale, necessita di un’attenzione ed una cura particolari e tali da poter, attraverso i contenuti pubblicati, ispirare fiducia, interesse ma soprattutto affidabilità del candidato che si propone alla guida della comunità.
Quali errori, quindi, ha commesso Salvini?
Vediamo, quindi, in sintesi cosa ha fatto Salvini, probabilmente, di sbagliato:
- Ha personalizzato il voto
- Ha esasperato i toni del dibattito
- Ha fatto ombra sul candidato presidente
- Ha creato una rottura tra esigenze reali e “virtuali”
Questo tipo di strategia applicata a competizioni territoriali, dettata anche dall’ego, diciamocelo, siamo certi che non gioverebbe nessuno, ancor meno a chi deve il proprio successo politico al marketing.