Comunicazione Politica, intervista a Gianluca Luise, docente di Storia delle istituzioni politiche presso il Dipartimento di Scienze politiche dell’Università degli studi di Napoli Federico II
Rispetto al tema dei fenomeni della comunicazione di massa e della grande influenza che i nuovi media hanno sulla società, quanto pensa che questi siano stati parte del successo del Movimento 5 Stelle, di Salvini e di Giorgia Meloni?
Sicuramente i nuovi media hanno giocato un ruolo fondamentale per il successo del Movimento 5 Stelle, così come per quello dei partiti guidati da Salvini e da Giorgia Meloni, che hanno saputo sfruttare in modo efficace la trasformazione e l’evoluzione della società digitale. Il cuore del dibattito politico, infatti, nel corso di un ventennio, si è spostato dai canali televisivi (si pensi alla rilevanza di Mediaset ad inizio secolo) alle “bacheche dei social”, rendendo le campagne di marketing online uno strumento centrale per catalizzare e ampliare il consenso politico, in particolar modo tra le fasce più giovani.
Sia Salvini che Giorgia Meloni che il Movimento 5 stelle, hanno saputo intercettare con successo la “migrazione” della comunicazione politica verso i social (o forse, viceversa, chi non è riuscito ad adattarsi è stato poi penalizzato alle elezioni), utilizzandoli come metodo di comunicazione diretta, immediata e soprattutto persuasiva, costruendo fiducia e seguito e diventando fonte diretta di informazione.
Dirette, video, post, foto su Facebook, Instagram, Twitter. Questi sono diventati i canali privilegiati della propaganda politica degli ultimi anni, in quanto riescono a creare un contatto diretto con gli utenti, l’impostazione di un rapporto alla pari o almeno l’illusione che sia così.
Dai post virali del Movimento 5 Stelle, ai “meme” di Giorgia Meloni fino ai contest “Vinci Salvini” esponenti politici diversi tra loro sono riusciti a sfruttare a loro vantaggio le particolari caratteristiche dei social, utilizzandoli come megafono per le proprie idee, coinvolgendo gli utenti in prima persona e ottenendo un alto livello di interazione sotto i propri post, facendo, così, crescere la propria visibilità e il proprio consenso politico.
Il tutto però a discapito di un dibattito politico più maturo e strutturato, fatto di dialogo e confronto, reso impossibile dall’utilizzo degli strumenti social, più attenti ad indirizzare il pensiero che a costruirne uno sulla base della condivisione costruttiva.
Secondo lei, i social media hanno cambiato il modo di intendere la comunicazione politica? Se sì, in che misura?
La comunicazione politica è uno dei campi che più è stato influenzato dall’avvento dei Social Media, attraverso un cambiamento delle forme di comunicazione e di linguaggio che è ancora in divenire. Se, infatti, i media tradizionali assumono ancora oggi un ruolo preponderante nella propaganda politica, soprattutto se pensiamo alla televisione, le nuove piattaforme social sono diventate, invece, terreno fertile per sperimentare una comunicazione più diretta con l’elettorato, attraverso linguaggi più colloquiali che possano intercettare fasce di popolazione diverse rispetto ai mezzi tradizionali.
Ogni singolo media ha un effetto diverso sull’elettorato, da cui deriva quindi anche un diverso approccio al mezzo. I new media, e in particolare i Social Network, si discostano significativamente nelle modalità di fruizione rispetto ai tradizionali mass media. Infatti, se per i secondi la comunicazione è principalmente top-bottom e da uno a molti, con lo stesso messaggio indirizzato a tutta la popolazione, con l’avvento dei Social Media la comunicazione è, invece, passata ad un livello bidirezionale e potenzialmente paritario. Non esiste più una direzione unica e univoca fra fonte e ricettore, bensì uno scambio continuo e, soprattutto, percepito come uno scambio allo stesso livello. Il punto però, a mio avviso, sta non solo nella facilità di dialogare, aumentata dai new media, ma dalla qualità dei contenuti del dialogo stesso. Una qualità oggi molto scadente, dovuta alla crisi dei partiti politici tradizionali, oramai privi di un pensiero ideologico o comunque politico veramente strutturato, che associato al venir meno di vere scuole politiche ha notevolmente impoverito il dibattito politico, lasciando troppo spazio alla quantità dei contenitori a discapito della qualità dei contenuti.
Quanto, in chiave mediatica, la multicanalità ed il rapporto online/offline pensa possa incidere sul successo di una campagna elettorale?
La multicanalità ed il rapporto online/offline sono, ormai, elementi fondamentali per determinare l’efficacia ed il successo di una campagna elettorale, che con l’avvento dei social non è più circoscritta ad un luogo e a un tempo ma diventa permanente. L’utilizzo della multicanalità permette agli elettori di avere un’ampia scelta di canali dai quali reperire informazioni, costruire le proprie opinioni e creare un “touch point” con i candidati. Oggi per mettere in atto una buona campagna elettorale si devono, dunque, conoscere i pregi e difetti di tutti i media e riuscire a sfruttarli a proprio favore.
In un periodo drammatico e drammaticamente saturo di informazioni, spesso eterogenee, sulla grave crisi sanitaria che stiamo vivendo, pensa che le piattaforme debbano avere un ruolo attivo nel combattere notizie non verificate?
E’ un esempio calzante di quanto sostenevo in precedenza: durante la pandemia del nuovo coronavirus siamo stati tempestati da dati, notizie e informazioni, sia vere che false. Un fenomeno che viene non a caso chiamato infodemia, ovvero la circolazione incontrollata di una quantità eccessiva di informazioni (anche non attendibili) che rendono estremamente difficile al grande pubblico orientarsi su uno specifico argomento. La già complicata gestione della pandemia è stata, quindi, accompagnata fin dal principio dalla cosiddetta epidemia delle informazioni sulle principali piattaforme social, alimentando un clima di smarrimento, paura e confusione e innescando una “lotta” tra i negazionisti e l’altra parte della popolazione.
Per quanto le piattaforme abbiano spesso manifestato l’interesse a mantenere un approccio neutrale nei confronti della qualità dell’informazione che ospitano, si deve considerare che i social sono oggi utilizzati dalla stragrande maggioranza della cittadinanza mondiale e che buona parte degli utenti è facilmente ingannabile e/o non in grado di distinguere le notizie veritiere da quelle falsificate. Per questo appare evidente la necessità di un contributo attivo dalle diverse piattaforme, e da chi le gestisce, per contrastare la disinformazione dilagante, aumentando le forme di controllo e proteggendo l’emergergere di informazioni veritiere e proveniente da fonti attendibili.