Domenico Lettiero, classe 83, co-founder lineapress.it giornale politico online indipendente, appassionato di politica, travel addicted ed amante della cultura.
1. Dalle piazze virtuali a quelle reali, come pensa che sia cambiato il mondo della comunicazione politica dall’avvento dei social media?
Dai giornali, alla radio, alla tv, ai social ogni evoluzione dei media è stata sempre usata dalla politica per avere una comunicazione sempre più pervasiva e presente nella vita dei cittadini. La differenza sostanziale tra i social e i vecchi mezzi di comunicazione è, però, la bidirezionalità. Un’arma a doppio taglio per il politico. Le vecchie piazze reali permettevano lo scambio bidirezionale, al netto dello spazio lasciato ai margini dei comizi per il confronto con la base, e il resto del confronto avveniva nei circoli, luoghi questi, però, ben definiti, con regole e comportamenti istituzionalizzati che i frequentatori conoscevano e riconoscevano.
I social e la virtualizzazione del confronto portano la bidirezionalità della comunicazione su un altro livello: chiunque può, in potenza, commentare e dire la sua su ogni cosa, in ogni situazione, in quasi totale mancanza di regole riconosciute e stabilite. Le conseguenze di questo anarchismo comunicativo, sommate alla graduale depoliticizzazione della società postideologica, hanno influito sulla comunicazione politica, e, di conseguenza, sulla politica in toto contribuendo in maniera netta alla spinta populista iniziata dal mezzo televisivo estremizzando il fenomeno, fenomeno autoalimentato, appunto, in senso bidirezionale tra il web e la poltica. Basti pensare all’alt right americana, nata sulla rete (dal famigerato 4chan) e cavalcata, poi, da Trump ed i suoi sodali. O al “nostro” Movimento 5 Stelle, al famoso blog di Grillo e al sogno della democrazia online diretta (dimostratasi poi, nel caso specifico, democrazia online eterodiretta).
2. Per lei, l’offline quanto è ancora utile in una campagna elettorale ed in che modo potrebbe aver senso strutturare una comunicazione che usi i media classici?
Usare i media classici, oggi, però, è un percorso difficilmente percorribile, le proprietà dei giornali più diffusi sono nelle mani di pochi gruppi imprenditoriali che hanno interessi economici e politici simili e difficilmente permeabili al di fuori dell’establishment, le tv private idem, la tv pubblica propone sempre meno spazi (quasi inesistenti) per tribune politiche. E anche per semplici opinioni politicizzate o politicizzabili (in questo le polemiche dell’ultimo Sanremo fanno da cartina tornasole). Resta la piazza, restano le lotte sul territorio, restano i luoghi di lavoro e di produzione, restano i luoghi reali. Una politica che voglia essere offline, oggi, non può prescindere dal confronto fisico e diretto sia con le persone che, soprattutto, con i loro bisogni.
3. Pensa che davvero i new media possano far sì che proposte dal basso vengano recepite dall’alto – quindi dal candidato, dal governante – e siano in grado di influenzare eventualmente l’agenda politica?
Mettere ordine nell’anarchismo del web, superare le piattaforme social private, trovare i modi per avere un canale diretto che possa davvero portare ad una comunicazione bidirezionale sana e costruttiva. Questi dovrebbero essere gli obiettivi per rendere davvero possibile uno scambio dal basso verso l’alto, dal cittadino al candidato e al governante. Fino a quando si passerà attraverso gli attuali social si dovrà sottostare a regole imposte altrove e non sempre chiare (la censura di Meta è ondivaga e incerta come il mare in tempesta, per esempio), si avrà il limite di non poter individuare con certezza l’interlocutore (il famoso fenomeno dei fake e dei bot), e il tutto sarà esacerbato appena l’intelligenza artificiale diverrà più user friendly (non si riuscirà, molto probabilmente, nemmeno a distinguere tra uomo e macchina dietro al profilo social).
Il confronto reale, però, non basta, e la comunicazione politica, nonostante i limiti sopra evidenziati, non può prescindere da questo media.
L’unica via percorribile è usarlo nel migliore dei modi possibili, non precindendo dai luoghi reali. Portare le lotte e i risultati di tali lotte dal reale al virtuale per arrivare a tutti quelli che in piazza non c’erano.
Il metodo comunicativo della Ocasio-Cortez è, a mio parere, un esempio in questo senso.