Circa 3 miliardi di persone al mondo utilizzano i social media, e ogni giorno ci dedicano almeno due ore, condividendo, sbirciando amici e influencer, leggendo e postando. Un network immenso di persone difficile da ignorare sia per le aziende che per la politica.
E in effetti, ad oggi, social media come Twitter, Facebook, Instragram e perfino Tik Tok, sono considerati il miglior modo per vendere dei “prodotti”. Sono strumenti assai poco filtrati per cui negli ultimi anni è stato facile utilizzarli per diffondere propaganda populista e fake news. Il caso più noto è quello di Donald Trump, ma anche in Italia il fenomeno è stato, ed è, molto esteso.
Cosa sono le fake news, i profili fake, e i bot
Informazioni false, titoli altisonanti, notizie di sicura emotività collettiva, un alto, altissimo numero di condivisioni, e la descrizione di una fakenews di successo è servita.
I fake sono invece utenze false, prodotte spesso da software appositi o, in alternativa creati manualmente.
I motivi che spingono qualcuno, in carne ed ossa, ad avere un fake, possono essere tantissimi e possono variare dalla “semplice” curiosità di sbirciare qualche profilo a intenzioni più serie (e pericolose) quali lo stalking e la diffamazione.
Quando parliamo di fake creati tramite software, invece, intendiamo profili automatizzati, creati per uno scopo ben preciso come condividere, commentare, retwittare alcuni tipi di contenuti e simulare le attività di un utente vero, questi profili fake vengono comunemente definiti bot.
Periodicamente le principali piattaforme social tentano vere e proprie bonifiche, ma secondo i dati di Facebook, ad oggi, i profili fake oscillerebbero ancora intorno agli 80 milioni e su Twitter ce ne dovrebbero essere circa 20 milioni.
Si tratta di dati stimati e difficili da valutare correttamente, le stesse società delle piattaforme social non hanno interesse a fare chiarezza sul tema. Significherebbe ammettere di non avere affatto la situazione sotto controllo, nonostante politiche che invitano gli utenti ad utilizzare il proprio nome reale e periodici controlli serrati.
Social media in Italia tra politica e populismo
In Italia i social media hanno conquistato l’attenzione della stragrande maggioranza della popolazione dando al Paese un primato mondiale alquanto bizzarro: siamo i primi per utilizzo della rete per informazioni e formazione politica ed economica, ma rimaniamo tra gli ultimi in Europa in termini di cultura digitale.
Questo gap consente una facile strumentalizzazione (in negativo) della Rete e permette ad alcuni movimenti politici una facile e capillare propaganda politica (con l’utilizzo talvolta massiccio di fake news e bot).
Esiste una strettissima correlazione tra populismo e social media, tutti gli studi nel merito sembrano confermarlo, diventa dunque necessario intervenire, ma come?
Cosa si può fare per cambiare la percezione della politica
I social media, se non utilizzati correttamente, possono davvero minare la democrazia moderna, e le piattaforme esistenti si sono rivelate deboli e incapaci di contrastare questa minaccia. Ne abbiamo avuto un esempio concreto con il referendum in Gran Bretagna sulla Brexit, e con le elezioni del presidente Trump.
Non si tratta di un problema tecnologico, e sicuramente la soluzione non risiede nello staccare la spina (o rompere tutto) come mostrava in alcuni suoi spettacoli Beppe Grillo molti anni fa, salvo poi divenire il primo estimatore e utilizzatore della rete (ve ne parliamo qui).
La tecnologia, e anche i social media, fanno parte della nostra vita, e qualsiasi strumento che ci permetta di socializzare sarà utilizzato per la natura intrinseca dell’essere umano.
Possiamo, dunque, avvalerci solo della tecnologia, per risolvere i problemi che abbiamo riscontrato con essa attraverso un’attenzione maggiore alla cultura digitale e dell’informazione e pretendendo dalle aziende proprietarie delle piattaforme maggiore attenzione e politiche dirette a eliminare o almeno contenere fakenews e bot.
Uno studio della New York University, ad esempio, ha già presentato quali e quante contromisure potrebbero essere messe in campo per le presidenziali del 2020.
Noi aggiungiamo che, probabilmente anche l’Italia, e così tutti gli Stati, dovrebbero dotarsi di leggi e linee guida per affrontare il problema sul come limitare le informazioni o la propaganda senza ledere la libertà di stampa.
Siamo convinti che non sia possibile demandare esclusivamente alle piattaforme private la scelta di quali contenuti possano essere pubblicati (o mantenuti) e quali no, e ne abbiamo avuto prova qualche tempo fa con Casapound (movimento di estrema destra) le cui pagine, oscurate da Facebook, sono state riabilitate dal Tribunale di Roma. La battaglia legale non è ancora terminata: Menlo Park, portavoce di Facebook, ha infatti annunciato a fine dicembre 2019 di aver presentato ricorso.
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