“I Social non perdonano”, ormai lo dico da anni e quanto accaduto ieri al Presidente della Liguria Giovanni Toti ne è la prova.
Proviamo a fare un po’ di chiarezza rispetto ai fatti che immagino siano noti a tutti.
Prima di ciò, però, è essenziale fare luce, velocemente, su quella che è comunemente definita – dagli addetti ai lavori – Crisis Management: si tratta della gestione di una crisi, ed in questo caso la crisi è mediatica. Ad ogni lezione sulla reputazione, parto sempre da un assetto fondamentale: il web abbatte le barriere spazio-temporali e, quindi, non dimentica e non perdona: è incontrollato. Non a caso grazie al web ci siamo imbattuti in quello che gli amici angolasassoni amano chiamare viral marketing.
Ritornando a noi, a Toti: il Presidente della Liguria si è trovato di fronte ad una grande crisi legata ai social che ha dovuto in qualche modo affrontare.
Partiamo, però, dall’inizio e da quello che noi chiamiamo Pre Crisi, un tweet, anzi il Tweet:
Non penso siano necessarie tante spiegazioni, siete tutti in grado di leggere e sono certo che l’idea che vi siete fatti sia abbastanza unilaterale: sacrifichiamo gli anziani che sono improduttivi. Insomma, uno scivolone che subito ha alzato un polverone di polemiche in rete (vi risparmio i tecnicismi rispetto alla portata di questo tweet), sui social. La stampa ci marcia; l’opposizione ha subito preso la palla al balzo attaccando Toti e costruendone un caso. Ma questo è il gioco delle parti. Come non approfittarne?
Ed eccoci passati, quindi, dalla pre crisi alla crisi vera e propria. In poche decine di minuti, non di più.
In questa fase Toti avrebbe dovuto pensare a come uscire da questo cul de sac, al Crisis Management, l’ha fatto, anche abbastanza repentinamente (circa 2h). Il vero problema è il come l’abbia fatto, diciamocelo.
Mi spiego meglio a partire da questo:
Lo avete letto? Bene, continuiamo: in poche righe vi è tutto quello che non si dovrebbe fare, fidatevi di me, nella gestione di una crisi:
- deresponsabilizzazione;
- “tu non capisci!”;
- mancanza chiara di scuse.
Partiamo dal punto 1.
Mai scaricare le responsabilità su altri, mai. Sei un personaggio pubblico e devi avere il coraggio di prenderti le responsabilità di quello che esce a nome tuo, anche se qualcuno davvero avesse sbagliato, sei tu che ha sbagliato, non lui. Sapete perché? Ora vi rispondo, o almeno ci provo:
La reazione viene letta come scaricabile, e pensate davvero che il pubblico non associ questa tendenza anche alla gestione pubblica? Certo che lo farà. Un fallo, netto.
E poi, non di meno importanza, passa un altro concetto: non hai il controllo di quello che accade sotto di te, a nome tuo. Quindi poco ti importa di quello che gli altri dicono per conto tuo. E tu parli in rappresentanza di milioni di persone, non dimenticarlo. Un altro fallo, di nuovo netto.
Ora passiamo al punto 2.
Sono solito definire questo fenomeno “tu non capisci”, ovvero è il momento in cui per salvarti il popò, come spesso accade nella vita, per difenderti attacchi. Come attacca Toti? Attacca puntando il dito, non è lui che ha sbagliato, è il pubblico che ha mal capito, ha frainteso. Errore fatale.
Vediamo, infine, il punto 3
Dove sono le scuse chiare e nette? Solo io non le vedo?
Dovrei aver letto a caratteri cubitali delle scuse, ed invece non ci sono, o quasi.
Dopo approfondirò questo passaggio, non disperate.
Cosa accade dopo? Un attimo solo. Deve essere ben chiaro che siamo ancora nella fase di crisi e come per ogni crisi che si rispetti ogni singola azione ha un valore ben preciso per la reputazione.
A proposito di azioni, questo è un post Instagram (ha cancellato quello Facebook) della responsabile comunicazione di Giovanni Toti (ed evito di commentare il suo cv preso dalla sito della Regione Liguria):
Facciamo di questo post una breve e laconica analisi:
- il Tono di Voce (Tov) tutto è tranne che istituzionale, nonostante si definisca portavoce;
- passa dall’isteria del momento definendo quanto accaduto una immensa cazzata (vedere punto 1) ad un tono molto più morbido, quasi come se fosse diventata una vittima. Tutto ciò nello stesso momento;
- lei chiede scusa a nome di tutti. Eh, no, non è lei a dover chiedere scusa, ma Toti. Giustissimo che lei voglia parlare a nome del suo team, ma non può farlo a nome di chi dovrebbe prendersi la responsabilità. Vedere punto 4;
- sta avallando il senso di deresponsabilizzazione di cui si è macchiato Toti.
- gli errori che ammette di aver commesso sono errori che – diciamo – è difficile permettersi. Questo quando pensi ed agisci con la tua testa.
Quindi, la “pezza peggio della toppa” si dice a Napoli.
Infine, dopo circa 5 ore Toti pensa di chiuderla così:
Improvvisamente, come se qualcuno gli avesse dato dei suggerimenti reputazionali e di Crisis Management, sale in sella al suo cavallo e si erge a paladino della piena responsabilità. “Cosa è cambiato in poche ore?” gli chiederei. Poi appena dopo passa, sempre per la questione difesa/attacco al fenomeno che io definisco dell’imbarazzo: Toti prova imbarazzo per i professionisti della strumentalizzazione. Altro errore, sta continuando a puntare il dito.
Insomma, e qui chioso – promesso -, nessuno ha la soluzione in tasca quando parliamo di gestione della reputazione durante una crisi, ma ci sono alcune poche regole che andrebbero sempre rispettate per – attenzione – contenere i danni. Voglio ricordare a tutti che durante una Crisis Management l’obiettivo è contenere quanto più possibile la crisi, non è possibile uscirne illesi, mai!
Quello che avrebbe dovuto fare, quindi, secondo me è:
- chiedere scusa affermando di aver sbagliato, subito. Evitando scuse e scusette banali;
- in maniera chiara avrebbe dovuto dire che eviterà in tutti modi che la cosa possa riaccadere ed avrebbe dovuto spiegare nel migliore dei modi il suo concetto, quello che – come afferma – avrebbe voluto davvero dire con il tweet.
Alla prossimo episodio, cari.